Il gruppo di ricerca coordinato dal prof. Piero Fariselli dell’Università di Torino ha sviluppato un modello matematico che spiega la seconda regola di Chargaff, uno dei grandi enigmi della biologia. Una scoperta che apre interessantissimi scenari inerenti gli studi sulla genomica e che potrebbe avere un impatto significativo sulle più moderne biotecnologie
Una ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Briefing in Bioinformatics, condotta da Piero Fariselli, docente del Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università di Torino, in collaborazione con Cristian Taccioli, Luca Pagani e Amos Maritan dell’Università di Padova ha permesso di spiegare l’origine della seconda legge di Chargaff e di teorizzare un approccio fisico per descrivere l’evoluzione del DNA. Entriamo nel merito. La maggior parte degli organismi viventi utilizza il DNA a doppio filamento per tramandare il proprio codice genetico alle generazioni future e questa informazione biologica è il principale mezzo attraverso cui agisce l’evoluzione. Tuttavia, all’interno del DNA, esistono delle particolari simmetrie che risultano difficilmente spiegabili attraverso la sola teoria evolutiva della selezione naturale. Il team di ricerca ha quindi sviluppato un modello matematico in grado di spiegare la più famosa di queste simmetrie: la seconda regola di Chargaff. Nel 1968, il biochimico Erwin Chargaff scoprì che sul singolo filamento di una molecola di DNA a doppia elica, il numero di adenine era pressoché identico al numero di timine, e allo stesso modo il numero di citosine era molto simile a quello delle guanine. Questo, ha rappresentato per più di 50 anni uno dei misteri più enigmatici della biologia, poiché, fino ad oggi, non era mai stato chiarito il principio dietro il quale si nascondeva una così regolare e simmetrica distribuzione delle basi azotate sul singolo filamento. “La seconda legge di Chargaff – spiega Piero Fariselli, professore del Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università di Torino – a differenza della prima regola di….
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