Intelligenza artificiale, robotica, telemedicina sono termini ancora poco diffusi, se non sconosciuti, alla maggioranza degli italiani. Una recente indagine IPSOS ha dimostrato, in un’analisi delle risposte di un gruppo di popolazione tra i 25 e i 75 anni, che l’intelligenza artificiale è vista più come paura che come modernità. Il pensiero che sembra prevalente è quello che la macchina possa prevalere sull’uomo ma, d’altro canto, è alta la considerazione che la tecnologia informatica possa essere uno strumento di grande valore con cui superare talune difficoltà di diagnosi e cura. Tutti sappiamo come, negli ultimi dieci anni, l’impulso della tecnologia in medicina sia stato enorme e abbia letteralmente rivoluzionato la sanità, come indubbiamente lo farà ulteriormente in un futuro tutt’altro che lontano.
Un cospicuo finanziamento per dotare i medici di famiglia di apparecchiature sanitarie di diagnostica di base. Il progetto è noto, ma in questa sua acuta analisi il presidente di Fondazione Area Radiologica, Francesco Lucà, ne analizza l’impatto offrendoci un interessante punto di vista. Vediamo quale
Il mio discorso non è qui orientato tanto a parlare di tecnologia, ma al dubbio che mi ha assalito leggendo la notizia di questi giorni dello stanziamento di 236 milioni di euro per l’acquisizione di apparecchiature sanitarie di diagnostica di base per i medici di famiglia. Esprimerò subito il parere che i problemi delle liste di attesa non si possa risolvere distribuendo apparecchiature che pur nella loro semplicità hanno bisogno di medici formati, perché il rischio è una poca funzionalità nella cura del malato. Ricordo che il ministro Veronesi provò circa venti anni fa, un accordo con i medici di famiglia per distribuire ecografi per una diagnostica di base e furono gli stessi medici a dichiararsi contrari proprio per un’inadeguata preparazione.
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