Suonerà campanilistico (qualcuno azzarderebbe il termine ‘melenso’), ma in questa irraccontabile tragedia il nostro Paese sta collaudando un inedito sentimento di appartenenza. Ammettiamolo, mentre davanti ai nostri occhi scorrono le immagini (strazianti) degli ambulatori stracolmi e di medici, ricercatori, infermieri impegnati sul fronte globale di lotta al Covid-19, non possiamo fare a meno di sentirci vicini. A loro e tra di noi. La percezione, e non sembri retorico quel che sto dicendo, è quella di aver superato (almeno momentaneamente) quella insopportabile logica della ‘critica a prescindere’ di cui noi italiani siamo purtroppo maestri e di cui la sanità nostrana è stata spesso vittima. Siamo tutti lì, con la mente e con il cuore. Siamo lì, accanto ai professionisti che lavorano allo stremo facendo diga in una sanità al limite del collasso, orgogliosi di loro e colmi di rabbia per quel che avremmo potuto/dovuto fare (per loro) e non abbiamo fatto. Per una volta, addetti ai lavori e semplici cittadini, guardano all’impareggiabile sforzo dei loro medici e dei loro infermieri battendosi il petto, pentiti, di non averne compreso il valore (quando avrebbero dovuto/potuto farlo). A loro, finalmente, diciamo sentitamente e semplicemente ‘grazie’. Per anni abbiamo parlato di un SSN ‘saccheggiato’, tormentato dai tagli e subissato da critiche e accuse di ogni sorta. Abbiamo più volte denunciato quanto i nostri ricercatori, eccellenza riconosciutaci dal mondo, fossero spesso sottopagati e costretti a cercare rifugio (e mecenatismo) all’estero. Quante volte poi abbiamo assistito a discussioni e dibattiti sugli investimenti tecnologici, giudicati superflui (dai più). Tutto questo oggi alimenta giustificati sentimenti di rabbia. “Ah, se solo ci avessimo pensato prima”. Ma proprio oggi, la rabbia deve fare spazio all’orgoglio. Dobbiamo, e invitiamo tutti voi a farlo, fare tesoro delle immagini che vediamo, imprimerle nella nostra memoria per coltivare e tenere vivo il nostro spirito di appartenenza. Di vicinanza. Di riconoscenza. Siamo tutti su quel fronte, assieme ai nostri medici, tecnici e infermieri. Dobbiamo sentirci tutti dalla stesa parte, lì, su quel campo di battaglia, ciascuno per quel che può, e il meglio che possiamo augurarci in questo doloroso momento di paura è quello di superarlo aggrappandoci ad un inedito spirito di comunità. Lo stesso che oggi ci spinge alle finestre dei nostri balconi a cantare ”Fratelli d’Italia” e che non rimarrà (non dovrà assolutamente rimanere) solo un flash mob da esibire sui social network, ma che diverrà una lezione che – seppur a caro prezzo – dimostreremo di aver imparato. In bocca al lupo a tutti noi.
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