Dalla nuova legge di bilancio, pubblicata lo scorso 31 dicembre in Gazzetta ufficiale, giungono – e ne siamo lieti – notizie incoraggianti per il comparto della sanità: ad attenderci ci sono infatti investimenti importanti per l’edilizia sanitaria, la riduzione delle liste d’attesa e la formazione. Ma andiamo con ordine partendo idealmente dalle ‘fondamenta’, perché messi sul piatto dall’esecutivo ci sono infatti 4,5 miliardi per ristrutturare e ammodernare le strutture sanitarie del nostro Paese. Il fondo dedicato passa quindi da 24 a 28 miliardi. Una scelta, questa, che si presenta tanto concreta quanto ammantata da un carattere altamente simbolico: le Istituzioni guardano finalmente in faccia uno dei grandi problemi del nostro SSN e investono per risolverlo. Ma c’è dell’altro. Previsti dalla manovra vi sono anche ben 350 milioni in tre anni per la riduzione delle famigerate liste d’attesa, 10 milioni per incrementare le borse di studio in medicina generale, 22,5 milioni di euro per l’anno 2019 per i contratti di formazione specialistica dei medici (aumenteranno poi a 45 milioni di euro per l’anno 2020, 68,4 milioni di euro per l’anno 2021, 91,8 milioni di euro per l’anno 2022 e 100 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2023), e 25 milioni di euro in tre anni per l’adroterapia, terapia innovativa per la cura dei tumori (5 mln per il 2019 e 10 mln per ciascuno degli anni 2020 e 2021). Un discorso a parte, e un plauso particolare, merita l’investimento previsto nel settore della ricerca. Abbiamo spesso, anche dalle pagine della nostra rivista, puntato l’indice contro quella che abbiamo definito una ‘colpevole disattenzione’ al mondo dei ricercatori italiani (troppo) spesso formati in modo eccellente dalle nostre Università e spinti all’estero da investimenti e prospettive che il nostro Paese non è in grado di offrirgli. Il risultato, lo abbiamo più volte denunciato, è pericolosamente contiguo ai termini del paradosso: abbiamo i migliori ricercatori, ma non facciamo ricerca ‘come potremmo’. Bene essere spinti oggi a fare ammenda. I nuovi investimenti, 5 milioni di euro per gli IRCCS della Rete oncologica impegnati nello sviluppo delle nuove tecnologie antitumorali CAR-T e 5 milioni di euro destinati agli IRCCS della Rete cardiovascolare impegnati nei programmi di prevenzione primaria cardiovascolare, sono infatti un segnale incoraggiante e ci piace sottolinearlo, perché, al di là dell’ammontare dell’investimento reale, questa scelta va letta certamente come foriera di un sostanziale cambio di approccio. Che sia giunto, finalmente il tempo di lavorare (e investire) concretamente per dare un futuro ai nostri giovani e promettenti ‘cervelli’? Noi vogliamo pensare che la risposta sia, finalmente, un deciso ‘sì’.
Buona lettura.
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